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Sevizia la moglie moldava-condannato giovane parmigiano PDF Stampa E-mail
Scritto da Natascia   
Lunedì 18 Ottobre 2010 16:51

    Un 37enne col vizio dell'alcol e della cocaina violentava, pestava, segregava in casa la giovane venuta in Italia con lui. Le ha anche spento una sigaretta addosso e l'ha lasciata nuda sul pianerottolo. Episodi di sadismo condannati oggi con una pena di sette anni e due mesi di reclusione. Contro l'uomo ha testimoniato anche sua madre
di MARIA CHIARA PERRI
    “Lei è la madre dell'imputato?” “Sì, purtroppo”. Così è iniziata la testimonianza di una madre parmigiana contro il figlio, ragazzo di buona famiglia che per anni ha fatto passare una via crucis alla giovane moglie moldava. Vessazioni e violenze tali da indurre persino i genitori dell'imputato, caso più unico che raro, a schierarsi dalla parte della nuora. Prima, accogliendola dopo la separazione insieme al nipotino. Poi sostenendola nella sua decisione di denunciare il marito-orco. Infine, avvallando in tribunale il racconto del suo calvario.
    F.L., 37 anni, è un giovane che vive con la famiglia in via Farini. Ha sempre avuto problemi di tossicodipendenza e di abuso di alcol, non ha un lavoro stabile. Nel quartiere è conosciuto come una persona violenta. Nel 2005 si reca in Moldavia, dove rimane per qualche tempo. Alla madre comunica di aver trovato lì “una donna all'antica, come piace a lui”. Tornerà a Parma sposato con una ragazza poco più che ventenne. La giovane moglie viene accolta con gioia dai suoceri, che sperano che il figlio abbia messo la testa a posto. La coppia si trasferisce nella casa di via Farini, insieme ai genitori di lui. Già nei primi tempi di convivenza, però, la suocera intuisce che qualcosa non va: la nuora è spesso taciturna, introversa. Non ha l'atteggiamento di una sposa contenta di aver coronato il suo sogno d'amore e di aver lasciato una situazione di povertà. L'anziana non sa che il figlio ha già iniziato a maltrattare la moglie: quando rimangono da soli la picchia, soprattutto di notte nella camera da letto.
    La coppia di sposi si trasferisce in un appartamento in via Barilli. Lì per due anni la giovane moldava sopporterà inaudite sevizie da parte del marito, che continua a fare uso di cocaina e ad abusare di alcol. Questo, più un'ingiustificata gelosia, lo porta a scagliarsi contro una moglie indifesa e succube. La picchia con calci e pugni, la insulta. Lei sporge una querela, ma lui la costringe a ritirarla. Lei sopporta. Ha la prospettiva di ritornare in Moldavia, ma ama suo marito e spera che le cose possano cambiare. Questo confida a un'amica vicina di casa. Invece, le cose non fanno che peggiorare. Nel febbraio 2006 l'uomo si rende colpevole di un episodio odioso e sadico: spoglia la moglie e la chiude fuori casa, costringendola a rimanere nuda sul pianerottolo del condominio per quattro ore. Ogni tanto apre la porta e le getta addosso dell'acqua fredda. Quando la fa rientrare in casa, la violenta. Un'escalation di maltrattamenti, che continuerà fino al 2008. La giovane conserverà per sempre una cicatrice sul ginocchio, ricordo di quando il marito le spegne una sigaretta addosso. La stupra un'altra volta, dopo averla presa a calci e pugni e dopo averle sbattuto la testa contro il muro. Lei rimane incinta. Vive nel terrore, viene continuamente minacciata di morte con coltelli puntati. Il marito la chiude in casa da sola e se ne va per ore a bere in giro, portando via le chiavi. Nel quartiere tutti sanno che cosa succede tra quelle mura, ma nessuno alza il telefono per chiamare i carabinieri. Non vogliono intromettersi. Anche chi lo conosce da una vita ha paura di quell'uomo.
    Dopo l'ennesimo pestaggio, nel 2008, la giovane moldava prende il figlio piccolo e si rifugia a casa dei suoceri. Ha il sangue che le esce da un orecchio. Ha deciso che chiederà la separazione. Sostenuta dai parenti del marito, sporgerà denuncia per violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia, lesioni, sequestro di persona, violenza privata. L'uomo viene allontanato dall'abitazione coniugale con un provvedimento giudiziario. Tutti gli agghiaccianti episodi sono stati confermati in aula da una ginecologa, dall'amica vicina di casa e dalla suocera. Un comportamento, quello del marito, da “uomini che odiano le donne”, lo ha definito il pm Francesco Gigliotti durante la requisitoria. L'imputato non si è mai presentato in aula durante il processo, non si è interessato al suo caso e non ha mai chiesto scusa alla moglie o mostrato pentimento. Non solo: avrebbe più volte dichiarato ai vicini di casa che “quella si inventa le cose”. Il collegio di tre giudici presieduto da Gennaro Mastroberardino lo ha invece ritenuto colpevole di tutti i reati e lo ha condannato a sette anni e due mesi di reclusione.

parma.repubblica.it


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Ultimo aggiornamento Lunedì 18 Ottobre 2010 20:11
 


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