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La crisi rallenta il flusso d'immigrazione in Europa e fa il contrario in Italia PDF Stampa E-mail
Scritto da Natascia   
Lunedì 19 Luglio 2010 08:26

   La crisi fa rallentare i flussi migratori verso i paesi più sviluppati. Un'indagine dell'Ocse rileva che gli immigrati giunti nel 2008 nei 31 paesi membri sono stati 4,4 milioni. Questo significa arrivi in calo di circa il 6% rispetto ai cinque anni precedenti, nei quali invece questo numero era cresciuto in media dell'11% annuo. E i primi dati del 2009 suggeriscono una diminuzione ancora più importante. Secondo l'Ocse la contrazione si lega alla diminuzione dell'offerta di impiego nei paesi membri. I migranti infatti lavorano nei settori più colpiti dalle difficoltà dell'economia, come l'edilizia e il turismo. Inoltre, risulta che molti immigrati, perduto il lavoro, hanno deciso di tornare nel paese di origine. L'Italia, invece, attraversa una fase diversa e mostra numeri in controtendenza rispetto a quanto avviene in altri paesi avanzati. L'ultimo dossier statistico sull'immigrazione curato da Caritas Migrantes indica che nel 2008 gli stranieri presenti nel nostro paese, contando anche gli immigrati regolari ma non ancora registrati all'anagrafe, erano circa 4.330.000: 458.664 in più rispetto al 2007, con un incremento del 13,4%. E il flusso degli arrivi, a dispetto della crisi economica, ha mantenuto ritmi importanti lungo tutto il 2009, tanto che oggi, in base ai dati Caritas si è oltre quota 5.100.000. A questi vanno aggiunti gli irregolari, che si stima siano circa 544.000, stando a quanto sostiene una ricerca condotta per l'Università Cattolica da Gian Carlo Blangiardo professore di demografia presso l'Università Milano-Bicocca. Immigrati, Italia e Spagna in testa alle graduatorie Ue per numero di arrivi «Il discorso ha una portata più ampia, va oltre le considerazioni che si possono fare in relazione agli ultimi due anni e alle conseguenze della crisi. L'Italia è in testa alle classifiche europee per quanto riguarda l'ingresso di stranieri. Nell'ultimo quinquennio nel nostro paese sono entrati in media circa 360.000 immigrati all'anno. E la tendenza sembra essere costante. Solo la Spagna ci sta di poco avanti in questa graduatoria, con 400.000 arrivi all'anno. Per contro in Germania, la nazione europea con più stranieri (circa 6.500.000), ogni anno i nuovi venuti sono dieci volte inferiori rispetto a quello che succede da noi», spiega Luca Di Sciullo, ricercatore di Caritas Migrantes.

La diversità sta tutta nel tipo di immigrazione che caratterizza il nostro paese. «L'Italia attraversa una fase migratoria simile a quella che altri paesi hanno avuto alcuni decenni fa. Da noi c'è ancora disponibilità ad accogliere manodopera poco qualificata nei settori dell'agricoltura e dell'industria. E, ancora, nelle famiglie, in qualità di badanti, con contratti stagionali o, molto spesso, in nero – continua Di Sciullo –. E questo avviene nonostante molti degli immigrati vantino un'istruzione superiore: il 54% sono laureati o diplomati. I numeri dimostrano come la legge Bossi-Fini sia elusa da numerosi arrivi di irregolari e inefficace nel controllare i flussi. Inoltre, a far lievitare il numero degli stranieri c'è la relativa difficoltà, dovuta anche alle rigidità della Bossi-Fini, a ottenere la cittadinanza. Nel 2008 sono diventati italiani circa 57.000 stranieri, mentre paesi come Francia, Germania e Inghilterra fanno registrare numeri tre volte più alti. I paesi del nord Europa poi sono più attrezzati per valorizzare le competenze dei migranti e per favorire la loro integrazione. Un esempio? Un cittadino extracomunitario che abbia intenzione di stabilirsi in Germania ha il diritto di iscriversi a un corso gratuito di lingua tedesca di 400 ore finanziato dallo Stato. In Italia manca un programma di formazione pubblica per gli stranieri e tutto è lasciato all'iniziativa dei singoli o degli enti locali. Più in generale le politiche per l'integrazione sono ancora lontane dall'avere una definizione e un'attuazione concreta». E l'integrazione è stata al centro dell'ultimo rapporto del Cnel, che, numeri alla mano, dimostra come sia errata l'equazione che vorrebbe l'incremento della criminalità legato al crescere dell'immigrazione, ma che conferma anche come resti molto da fare per un miglior inserimento dei nuovi venuti. Considerato il periodo che va dal 2005 al 2008, secondo il Cnel, a carico degli stranieri residenti vi è un denunciato ogni 25 persone, mentre se si considera tutta la popolazione (italiani e stranieri) si conta un denunciato ogni 22 individui. Quanto al potenziale di integrazione la regione più virtuosa è l'Emilia Romagna, che in base al rapporto del Cnel, vanta uno standard alto, dovuto in buona parte a un elevato indice di inserimento sociale, mentre può migliorare l'indicatore relativo all'inserimento occupazionale. Al secondo posto il Friuli-Venezia Giulia, quindi Lombardia, Lazio, Veneto, Trentino Alto Adige e Toscana. In coda alla classifica Abruzzo, Puglia e Sardegna. Lo scorso 10 giugno il Consiglio dei ministri ha approvato il Piano per l'integrazione nella sicurezza "Identità e incontro", che ha come finalità quella di favorire l'inserimento degli stranieri nel nostro Paese. I principali punti di azione sono la formazione, il lavoro, l'alloggio, l'accesso ai servizi essenziali e la tutela dei minori. «Il piano del governo è un atto programmatico, un'assunzione di responsabilità con cui si è deciso di mettere l'integrazione al centro della politiche rivolte agli immigrati. – precisa Natale Forlani, direttore generale immigrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Si può fare molto anche senza cambiare le leggi, usando bene le risorse e le competenze già esistenti. In particolare, intendiamo agire sull'incontro tra domanda e offerta, in modo da aiutare i molti lavoratori stranieri qualificati che vivono da noi a trovare occupazioni in linea con le loro competenze. Cosa che oggi avviene di rado. E, ancora, ogni anno numerosi immigrati rischiano di passare dalla legalità all'illegalità perchè, scaduto il contratto di lavoro, faticano a trovare un nuovo impiego. Per fare fronte a questi problemi stiamo cercando di definire modalità di accesso al lavoro più efficienti, sia per gli stranieri sia per i cittadini italiani. La soluzione? Una grande alleanza tra le amministrazioni statali, gli enti locali e le forze sociali presenti sul territorio, come i sindacati, le agenzie del lavoro, le associazioni e il vasto mondo del volontariato. In questo modo, contiamo di creare un circolo virtuoso capace di migliorare le condizioni occupazionali di molti stranieri. Il progetto vede l'azione congiunta del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero dell'Interno che stabilisce la destinazione delle risorse del Fondo europeo per l'integrazione, e del Ministero dell'Istruzione, che si occuperà delle iniziative di formazione, con una particolare attenzione alla lingua italiana e all'educazione civica».

ilsole24ore.com


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