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“Guerra del vino” tra Russia e Moldova PDF Stampa E-mail
Scritto da Darii Sined   
Domenica 18 Luglio 2010 16:44
Basta col vino della Moldova. Fa schifo e poi, cosa più importante,  i moldavi non ci vogliono bene”. Questo è il senso, se non la lettera, del comunicato con cui il governo di Mosca ha preannunciato il prossimo blocco delle importazioni di vino dalla Moldova, citando problemi di qualità del prodotto e lasciando ampiamente capire che le difficoltà politiche tra i due paesi, dopo l’arrivo al potere a Chisinau dei nazionalisti filo-romeni, non sono per nulla estranee alla decisione.

I russi, si sa, amano la vodka e, in subordine, la birra. Di entrambi il paese ha una produzione vastissima e anche di qualità; di vino invece se ne consuma tutto sommato poco e quel poco è in gran parte importato perché la produzione locale è modesta sia per quantità che per qualità. In compenso, la disciplina del consumo di vino è diventata in Russia negli ultimi anni una potente arma di politica estera, così come il controllo su tutte le importazioni di prodotti alimentari. La Georgia, prima di finire proprio in una guerra guerreggiata contro Mosca nell’agosto 2008, aveva già sperimentato il blocco “politico” delle importazioni russe di vino e acqua minerale: due voci importantissime del commercio estero georgiano, di cui il grande vicino del nord è sempre stato un cruciale acquirente. Su un’economia piccola e povera come quella di Tbilisi, la mancata esportazione dei pregiati e costosi vini di qualità dai nomi esotici (Mukuzani, Kindzmarauli, Khvanchkara, Saperavi), nonché della famosa ipergassata acqua minerale  Borzhomi, verso il loro mercato più ricco e tradizionale ha voluto dire un colpo molto severo. I produttori georgiani hanno dovuto mettersi alla ricerca di mercati alternativi (ma assai poco ricettivi) in Europa occidentale e negli Usa – mentre altri paesi vinicoli hanno gioiosamente piazzato le loro bottiglie sui banchi dei negozi russi. Ma anche gli Stati uniti, con le loro ben maggiori dimensioni, hanno sofferto dello stesso problema con i periodici e prolungati blocchi imposti dalle autorità russe all’importazione di pollame americano, in coincidenza con fasi critiche dei rapporti politici bilaterali.

E adesso la Moldova. Il Rospotrebnadzor, l’ente statale russo per la difesa dei consumatori, ha annunciato che entro due settimane potrebbe imporre il blocco totale alle importazioni di vino moldavo. Il suo presidente, Gennady Onishchenko, afferma che quasi la metà del vino che arriva in Russia dalla Moldova è di qualità pessima, inferiore agli standard ammissibili. “Roba che va bene per dipingere gli steccati delle vigne”, dice, e che contiene anche sostanze pericolose per la salute dei bevitori. Non si può dire che abbia del tutto torto, in effetti: è vero che nei negozi popolari russi il vino moldavo a basso prezzo è in genere cattivo e spesso risulta adulterato; neppure si può dire che le critiche sulla qualità dei vini moldavi economici siano una novità dell’ultima ora, visto che la fama di questi prodotti, tra i consumatori moscoviti, era già abbastanza cattiva persino in epoca sovietica. Non è un caso che la Moldova non riesca ad esportarne nei paesi dell’Europa occidentale (con le dovute eccezioni: esiste anche una produzione di alta qualità – e prezzo – che arriva anche sulle tavole più raffinate) e che il mercato russo, soprattutto nel suo segmento più povero e popolare, sia tuttora quello principale, assorbendo oltre il 20 per cento dell’intera produzione e contribuendo con ciò a quasi un decimo della bilancia commerciale moldava, che sul vino si basa moltissimo.

D’altra parte, non può essere un caso che il blocco dell’import sia minacciato soltanto ora, dopo la crisi politico istituzionale che ha rimosso dal potere in Moldova il partito comunista (vagamente pro-russo) e il presidente Vladimir Voronin, sostituendoli con una coalizione di partiti liberali e nazionalisti pro-romeni e con il nazionalista Mihai Ghimpu. Quest’ultimo ha subito cercato la rottura con Mosca arrivando fino a proclamare il 28 giugno “Giorno dell’occupazione sovietica” (era il “Giorno della Liberazione”) e rifiutandosi di presenziare a Mosca alle celebrazioni per la vittoria contro i nazisti; la Suprema Corte ha poi annullato il suo decreto, non condiviso neppure dai partiti della sua maggioranza, ma lo strappo ormai era fatto. Ed era facile prevedere che sarebbe stato pagato dai viticoltori.

fonte: ilmanifesto.it


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Ultimo aggiornamento Domenica 18 Luglio 2010 16:48
 


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